La storia della scuola dell’infanzia ha visto l’avvicendarsi di molteplici eventi quali pensieri, lotte, personaggi di spicco con l’affermazione delle loro ideologie che hanno dato vita all’odierna scuola dell’infanzia.
Le prime istituzioni di scuola dell’infanzia nacquero in Inghilterra nel XIX sec. in seguito alla rivoluzione industriale, quando anche le donne sentirono la necessità di lavorare per uscire dalla crisi economica dell’epoca. Di conseguenza sorse un’esigenza di custodia e assistenza per i figli di queste donne. Nacquero così le “sale di custodia” che solo successivamente si trasformarono in scuole per l’infanzia.
Le sale di custodia accoglievano anche bambini al di sotto dei tre anni ma erano da considerarsi delle vere e proprie istituzioni “private” non regolate da norme o indicazioni. Era previsto solo un limite minimo rappresentato dal periodo del divezzamento a causa della mancanza di nutrici disponibili o istituzionalizzate (in genere il “vicinato” o il “parentado” si occupava dell’allattamento dei bambini di mamme lavoratrici). Le finalità di queste istituzioni erano, dunque, più assistenziali che educative.
La prima e più famosa iniziativa nel campo educativo della prima infanzia fu quella di Robert Owen che fondò in Scozia delle istituzioni accoglienti i figli di operaie a partire dall’età di 2 anni.
Nel 1828, in Italia, si diffusero gli “asili infantili”, privati e gratuiti, a cura di don Ferrante Aporti. Erano luoghi in cui i bambini, non oltre l’età dei sei anni, ricevevano il cibo, imparavano a leggere, scrivere, far di conto (apprendimento in maniera nozionistica e mnemonica) e ricevere i primi rudimenti della dottrina cristiana. Aporti fondava il suo metodo sull’osservazione, sull’esperienza e l’intuizione (“la vita educa”).
All’eccesso di scolarizzazione di suddette istituzioni si affiancarono, in Italia, quelle froebeliane originarie della Germania, i cosiddetti “giardini dell’infanzia” impostati fondamentalmente sul gioco attraverso materiali idonei (cubi, cilindri…) avviando così nel Regno una maggiore diffusione di scuole per l’infanzia.
Solo all’inizio del novecento con le sorelle Agazzi si può cominciare a parlare di “scuola materna” dalla parola maternage la quale indicava che l’insegnante dovesse curare e assistere il bambino, considerato centrale nell’attività educativa, come continuità del lavoro della sua mamma. Anche la loro metodologia si fondava sull’aspetto ludico e ambientalista con l’uso di cianfrusaglie, di attività quotidiane del lavoro domestico e artigianale sviluppando così il senso dell’ordine.
Segue l’esperienza pedagogica del medico Maria Montessori che crea le “case dei bambini”, un ambiente scolastico con arredamento e materiale didattico scientificamente organizzato (lavagne, solidi, campanelle…) adatto allo sviluppo cognitivo del bambino. Montessori rivendicava i diritti dei fanciulli lasciandoli liberi nelle loro attività manipolative ma al contempo seguiti da un adulto per il raggiungimento di un comportamento responsabile. La sua, inoltre, era una scuola che tendeva all’educazione alla pace e alla solidarietà.
Fu sempre agli inizi del ‘900 che fu istituita per la professione docente la Scuola Pratica Magistrale a cui si accedeva con un livello di studi post elementare o con un esame di ammissione.
La situazione delle maestre, soprattutto prima dell’inizio del secolo, era tutt’altro che buona poiché svolgevano un lavoro per nove ore in subordinazione della direttrice e dell’ente, erano pagate male e vivevano in una condizione di miseria. Le maestre degli asili infantili erano ragazze provenienti da umile estrazione sociale con un forte senso di responsabilità a cui spesso si chiedeva di dedicarsi interamente alla sua professione di “assistente materna”, considerando, pertanto, il matrimonio delle stesse un’automatica causa di licenziamento poiché si riteneva che una buona educatrice non potesse dedicarsi ai propri figli e a quelli degli altri.
Più trascorreva il tempo più aumentava la consapevolezza dell’importanza rivestita dal ruolo dell’educazione così che gli asili divennero oggetto di attenzione da parte del Ministero della Pubblica Istruzione usufruendo talvolta dei modesti contributi erogati dallo Stato.
Così, nel 1923 con Gentile fu istituita una scuola materna di durata triennale, alle dipendenze del ministero dell’interno, a carattere ricreativo e di disciplina.
Soltanto nel 1968 con la L.444 in Italia nacque la scuola materna statale a cui finalmente fu riconosciuto il carattere educativo e poté cominciare ad usufruire a pieno dei contributi Statali. Con tale legge la scuola si proponeva di educare il bambino al pieno sviluppo della sua personalità infantile, all’assistenza e alla preparazione dello stesso alla frequenza della scuola dell’obbligo integrando l’opera della famiglia. Le istituzioni private, invece, erano quasi tutte rette dagli Enti religiosi.
Nel 1991 i Nuovi Orientamenti propongono una scuola fondata sui bisogni di crescita e di educazione del bambino in una società pluralista e multietnica.
Nel 1992 la scuola materna viene aperta anche ai docenti di sesso maschile.
Infine, con la L.53 del 2003 la denominazione cambia: da “scuola materna” a “scuola dell’infanzia” poiché non si tratta più di una scuola fondata sull’assistenzialismo come quello di una mamma bensì di un luogo educativo dove il bambino viene seguito passo per passo dal docente per sviluppare a pieno le sue abilità cognitive, affettive e sociali.